IL PROGETTO
In architettura, come in tutte le manifestazioni artistiche e scientifiche, oggi si rispecchia il rifiuto di ogni ordinamento in nome di una malintesa “libertà creativa” sostenuta dallo sviluppo della tecnica che, sempre più, riesce a fare a meno degli ordinamenti immutabili e a sfidare l’equilibrio e la misura.
L’arbitrarietà delle forme sembra inconsapevole del ruolo che alcune contaminazioni della pratica artistica hanno avuto nel conferire all’architettura autentici valori universali e trascura il fatto che l’atto creativo, nella scienza (ogni innovazione scientifica ha all’origine un atto creativo) come nell’arte (ogni fare artistico è tale solo se sottoposto a disciplina scientifica) è “un sogno fatto in presenza della ragione”.
L’esibizione di termini come complessità, pluralità, labirinto, de-costruzione, ibridazione, terreni vaghi, non luoghi, ecc., che caratterizzano sempre più le narrazioni della cultura architettonica contemporanea, rende complesso il processo di riconoscimento del senso e del significato dell’architettura, ma anche delle teorie e delle concezioni del mondo che orientano l’attività progettuale.
In questa era confusa lo stesso ruolo del progettista si è modificato, frammentato a tal punto da avere perso molte relazioni con la tradizione della produzione, della prassi e dei metodi progettuali.
L’evoluzione del fare e gli sviluppi più recenti della tecnica sembrano aver reso inutile perfino l’apparato disciplinare dell’architettura, mentre la formazione degli architetti evidenzia la necessità di riscoprire l’importanza della teoria per ridare valore al progetto delle forme in rapporto alla loro capacità di interagire con i modi d’essere e di vivere.